Mamme infanticide: ne parliamo con la psicologa

Ecco un'articolo interessante che condividiamo volentieri....

na mamma ha ucciso le sue tre bimbe. Mi aggrappo alle pagine del giornale cercando di leggere, a fatica, quello che non avrei mai desiderato leggere.
Avevo appena saputo di una madre che aveva ucciso il figlio e non potevo credere fosse successo di nuovo. Lo stomaco mi si accartoccia e mi chiedo come possa succedere che una mamma faccia del male ai suoi piccoli. Non è certo la prima volta che una tale tragedia succede, a volte la realtà è cruda e fa rabbrividire, fa star male chiunque. Così, abbiamo scelto di parlarne con una psicanalista e di condividere con voi lettori e lettrici qualche riflessione su questa tragedia. L’intervista non si riferisce al fatto in sé, che lasciamo alla cronaca, ma in generale, a episodi diinfanticidio, e cerca di indagarne i risvolti per aiutarci ad affrontare meglio la realtà e a prevenire questi delitti, laddove possibile.
Solitamente non mi piace soffermarmi su fatti crudi , per questo faccio un’eccezione ben sapendo che episodi di violenza purtroppo fanno parte della vita umana, e non si può generalizzare, ognuno fa capo a sé, e si fonda su problemi psicologici e tanta sofferenza.
Un pensiero a tutte le piccole vittime indifese di episodi di violenza. 

Beatrice Di Pisa

 

Intervista di Giovanna Fiorentini

Dottoressa Barisone, ci sono possibilità di prevenire tragedie di questo tipo?

Ci sono poche possibilità di prevenire tragedie di questa portata.
Bisognerebbe esplorare la psiche di ognuno ma questo non è possibile. Noi possiamo solo cercare di  tenere aperta la mente per vedere la realtà, per quanto atroce. Forse diffondendo alcune  nozioni teoriche si potrebbe sensibilizzare la gente a capire meglio i turbamenti mentali, aiutando in tempo sia le madre sia i familiari a segnalare i problemi ai centri sanitari competenti. Non dobbiamo però dare troppo peso alle circostanze esterne pensando che siano quelle a spingere a compiere azioni omicide. Le mamme-infanticide hanno dimostrato di essere, nel corso del tempo, di appartenere alle più diverse estrazioni sociali e culturali, di avere differente potere economico, diversi vissuti di coppia; sono italiane come straniere, in carriera come no.
La questione è più profonda. La madre omicida ha problemi psicologici gravi.
Il gesto, per lo più, è molto meditato ed esplode con precisione, crudeltà ed efficienza distruttiva.
Voler attribuire il gesto a condizioni esterne non è corretto: se la mamma volesse ci sarebbero tante soluzioni.
Ma in questo caso la donna che attiva il progetto di uccidere vede la morte come unica soluzione ai suoi problemi.

Certe madri pensano che la vita sia insopportabile e trovano nell’omicidio del figlio e nel suicidio di sé stesse una fuga da una vita invivibile; credono di portare il figlio nel regno di pace e di non dolore. La morte sembra l’unica soluzione alla sofferenza.  Il bimbo viene reinfetato magicamente e madre e bambino vivranno sempre insieme.
E poi ci sono altre tipi di madre. E’ innegabile, in certe madri esiste odio verso il figlio. Odio negato, rimosso, che talvolta esce ed esplode. Madri che occultano un omicidio e cercano di farla franca, madri che vogliono la morte del bambino e la vita per loro. A volte tentano il suicidio ma non ce la fanno, l’attaccamento alla vita è troppo forte.  In questi casi si può parlare di rigetto distruttivo della prole.

Fa male accettarlo ma è così. Esiste in proposito un libro “La madre cattiva” di Glauco Carloni, noto psichiatra e psicoanalista morto una decina di anni fa. La lettura del libro è agghiacciante e tratteggia la figura della mamma/strega., che pure Carloni non demonizza. La mamma che ha dato la vita ad un certo punto diventa colei che la toglie spietatamente.

Come possiamo superare questa sensazione di dolore, un lutto che per certi versi è collettivo?

La sensazione di dolore è data dal pensiero che venga fatto del male a degli innocenti. Negli ultimi 20 anni c’è stato in media un infanticidio all’anno. Ed è tantissimo.
Solitamente si tratta di bambini piccoli, piccolissimi, che non possono difendersi sul piano fisico dalla tragedia che li investe.
Un’azione che possiamo fare è quella di stare attenti alle depressioni post parto, tenerle d’occhio e non sottovalutare la situazione se percepiamo segnali d’allarme. La comunità, noi tutti, preferiamo a volte non vedere o non dare tanto peso a problemi che percepiamo.

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